«Il grande Nord è un libro sincero, coraggioso. La sua bellezza sta tanto nell’acume delle osservazioni quanto nella qualità della prosa, che a volte sembra possedere lo splendore della luce del Nord che illumina gran parte del viaggio dell’autore.» - Robert Macfarlane
Le Shetland sono roccia e torba, mare, tempesta. È qui che vive Malachy Tallack, ed è da qui che – qualche anno dopo la morte del padre e la nascita nell’animo di una perpetua nostalgia di casa che è anche continuo bisogno di andarsene – parte per un viaggio intorno al mondo lungo il sessantesimo parallelo nord con una domanda in tasca: cosa vuol dire vivere nel freddo e nell’isolamento? Innanzitutto, cercare un equilibrio complesso con le forze di una natura ostile e mutevole: come in Groenlandia, dove una civiltà di cacciatori rivendica il suo stile di vita contro il «colonialismo morale» europeo, che cerca di applicare i propri valori a un ambiente in cui non hanno posto. Sono le stesse battaglie combattute in Canada e in Alaska, dove piccole comunità isolate trovano la loro identità facendo i conti con il sanguinoso retaggio dei primi coloni, e tra fiumi cristallini, foreste vergini e ghiacciai si aprono al mondo e al turismo, e ai loro rischi. Ma non esiste un solo Nord: il viaggio di Tallack prosegue in Russia, dalla Siberia a San Pietroburgo, dove un potere oppressivo, prima zarista e poi sovietico, ha sfruttato la natura per isolare i nemici nei gulag o per assoggettarla. Un mondo diverso rispetto al benessere cosmopolita di Finlandia e Svezia. E anche rispetto alle Isole Åland, nel mare tra le due nazioni, svedesi di lingua, ufficialmente finlandesi, eppure orgogliosamente indipendenti. Con lo sguardo del viaggiatore curioso e grande sensibilità lirica, Malachy Tallack descrive la bellezza precaria di un mondo mutevole come il ghiaccio e le popolazioni che cercano di conviverci, con la speranza di tornare alle sue Shetland e poterle finalmente chiamare «casa».